Il buono in città

2022-11-16 14:37:52 By : Ms. Binger Binger

A Catanzaro, una giovane azienda integra agricoltura rigenerativa e una cultura secolare. Unendo passione e innovazione, si rigenera anche il territorio

Dal 14° al 18° secolo la città di Catanzaro è stata considerata la capitale europea della seta, un’antica tradizione che è tuttora molto sentita in Calabria e che di recente ha ritrovato un forte impulso grazie a tre ragazzi: Giovanna Bagnato, insieme a Domenico Vivino e Miriam Pugliese, che avevano fatto varie esperienze lavorative nel nord Italia e all’estero, si sono ritrovati nel 2013 a San Floro, un paesino collinare di circa 600 abitanti, a meno di 20 chilometri dal capoluogo.

Alla voglia di stare e ritornare nella terra d’origine si è abbinato un progetto, apparentemente ardito ma non troppo: i tre amici hanno proposto al Comune di recuperare e gestire 5 ettari di terreno con oltre 3.000 gelsi abbandonati e, dopo le consuete lungaggini burocratiche, finalmente nel 2014 hanno fondato la cooperativa Nido di Seta. La cultura serica è ancora molto sentita in Calabria e quindi si trattava di riprendere e valorizzare qualcosa che già c’era, ma era stata praticamente trascurata: per fare questo, data la loro limitatissima conoscenza della gelsibachicoltura, si sono affidati alle anziane del luogo e dei borghi limitrofi, con le quali hanno avviato l’attività.

Nella suddivisione dei ruoli, Miriam si occupa del processo artigianale della seta e delle tinture naturali, dei servizi turistici e dell’amministrazione, Domenico (diventato suo marito) segue l’ambito agricolo e dell’agriristorazione, mentre Giovanna crea monili in seta e dipinge i tessuti.

“Il nostro desiderio era quello di vivere la realtà dell’agricoltura e del nostro territorio”, ci confida Miriam, “e questo progetto era quello che meglio coniugava i nostri ideali”: una scelta di cuore, che ha altresì creato un’opportunità di crescita economica concreta e continuativa. Il lavoro dura infatti tutto l’anno, sia con il personale della cooperativa, a cui si aggiungono i lavoratori stagionali, sia con una rete di artigiane (sono tutte donne) che, pur non essendo dipendenti diretti di Nido di Seta, lavorano costantemente per loro: creando reddito dai loro opifici, frenando lo spopolamento delle aree interne”.

Perché dal gelso non si arriva solo alla produzione del prezioso filato.

Dalla pianta che produce la foglia per allevare il baco, vengono pure raccolte le more, da cui si ricavano confetture, liquori e tisane, venduti anche in Sicilia. Quando il baco da seta termina il suo ciclo vitale diventa un bozzolo: da questo si estraggono diversi tipi di filati, che si prestano per vari tipi di utilizzi, come tessuti, accessori e gioielli.

“Vendiamo i tessuti ad alcuni atelier importanti, ma manteniamo anche una nostra linea verso la clientela diretta”, continua Miriam. “Abbiamo poi un altro settore, quello del turismo e delle ecoesperienze, dove cerchiamo di comunicare la magia del mondo della seta, fin dalla sua origine, dove vedere e toccare tutto il percorso, dal gelso al tessuto.”

Ciò che propone Nido di Seta è un contatto diretto con il territorio, dove conoscere il gelseto e i bachi allevati, fino alla trattura della seta: nel dipanamento dei bozzoli si può ammirare come più fili di seta, unendosi tra loro, formano un unico filo lungo oltre 2.000 metri. A San Floro c’è poi lo splendido museo della seta, inserito nella bellissima cornice di Castello Caracciolo, con cimeli unici, quindi un percorso naturalistico nel cuore di una pineta, per concludere con la degustazione di prodotti del territorio, provenienti da agricoltura biologica.

Per la cooperativa questo settore è stato quello trainante e con il giusto orgoglio Miriam rammenta che nel 2019 sono stati ospitati 6.500 turisti, provenienti da tutto il mondo: una presenza entusiastica cresciuta costantemente nel tempo.

Ancora più sorprendente è stato poi il risultato ottenuto con l’Academy: per tramandare gli antichi saperi e avere più persone formate su questa coltivazione, Nido di Seta ha organizzato una serie di corsi tematici su molteplici aspetti, dalla lavorazione alla tessitura, dall’allevamento del baco da seta ai vari metodi di tintura naturale. Mai avrebbero pensato di ricevere un’inaspettata e consistente risposta dall’estero, da paesi come Stati Uniti, Argentina, Inghilterra, Slovenia, Germania.

Quello didattico è forse uno degli ambiti che li ha caratterizzati fin dall’inizio, poiché hanno ospitato moltissime scolaresche, di tutta la Calabria e non solo: per la cooperativa investire sui giovani e sulla scuola è fondamentale, per far scoprire alle nuove generazioni una realtà ricca di valori, determinante per la crescita del territorio. “Mostrare ai bambini e ai ragazzi che da un bruco nasce il tessuto più prezioso del mondo è un prodigio: si può solo rimanere incantati di fronte a qualcosa di cui noi non siamo artefici”. Miriam ne è più che convinta: “ma oltre a ricordare l’importanza della tutela del territorio, per noi il messaggio più importante da trasmettere è che proprio dalla nostra cultura e dal nostro passato si può porre la base per il futuro: noi siamo seduti su una miniera d’oro, che è la nostra terra ma che non è purtroppo valorizzata.”

Per i tre giovani imprenditori è indispensabile che tali principi siano recepiti, poiché la loro impresa è nata non da finanziamenti o da capitali che qualcuno ha investito, ma solo dalla perseveranza e dal desiderio di sviluppare e utilizzare al meglio le risorse che già esistono: “non è vero che qui non cambierà mai nulla, va eliminata questa mentalità, perché siamo noi il cambiamento”.

Per tale ragione la loro proposta è completata dall’iniziativa Pianta un gelso, nata non solo per ampliare la loro produzione ma per dare a tutti la possibilità di essere parte di questo piccolo cambiamento attraverso il progetto di agricoltura condivisa: si può contribuire piantando solo un gelso o scegliendo di ricevere dei prodotti in cambio; si può anche creare un giardino personale.

Infine, dato che tutte le tecnologie per estrarre la seta sono state esportate in Asia, Nido di Seta è riuscita a creare i propri prototipi per le macchine per l’estrazione del filato: “è un aspetto che mi emoziona molto”, conclude Miriam, “perché questo significa portare la tradizione della Calabria sulle passerelle internazionali dell’alta moda”.

Un’ulteriore dimostrazione che passione, entusiasmo e solidi valori, possono portare a traguardi inimmaginabili.

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