www.ladigetto.it - I polipi intestinali e la prevenzione del tumore al colon – Di Nadia Clementi

2022-11-16 14:54:34 By : Mr. Alvin Huang

Ne parliamo con il prof. Antonio Iannetti, gastroenterologo, endoscopista e proctologo

> Oggi, più che mai, bisogna informare e sensibilizzare la popolazione sul ruolo fondamentale della diagnosi precoce e sull’importanza di rivolgersi al proprio medico specialista per riconoscere tempestivamente i sintomi che rappresentano il primo campanello d’allarme d’insorgenza di una malattia. È risaputo che l’aumentata incidenza di patologie tumorali, come la mammella, il polmone, il colon-retto, sono spesso riconducibili al nostro modus vivendi che rappresenta una grave piaga su cui riflettere intervenire. Nella seguente intervista parleremo dell’importanza della prevenzione del tumore del colon-retto che rappresenta la terza causa di morte per cancro, ha maggiore diffusione nel mondo occidentale e uguale incidenza nell’uomo e nella donna.   Il tasso di sopravvivenza, così come l’efficacia del trattamento, dipendono dalla stadiazione del tumore alla diagnosi, rendendo l’individuazione precoce un fattore determinante per la prognosi. L’insorgenza di questa malattia è spesso caratterizzata dalla presenza di polipi che sono delle crescite anomale della mucosa, o tumori benigni, che possono presentarsi in molte sedi dell’organismo; più frequentemente si manifestano nel colon, nello stomaco o nel piccolo intestino. Nella maggior parte dei casi sono asintomatici, ma se non vengono diagnosticati e curati per tempo possono crescere indisturbati e una piccola percentuale di essi può sviluppare un cancro.   Per saperne di più abbiamo contattato il prof. Antonio Iannetti specialista gastroenterologo, endoscopista digestivo, proctologo, epatologo specialista in malattie del fegato in Medicina interna, il cui curriculum è a questo link.   Professor Iannetti che cosa sono i polipi intestinali? «I polipi dell’intestino si possono definire rilevatezze o escrescenze mucose, che protrudono nel lume intestinale. Possono essere di origine mucosa (polipi epiteliali: iperplastici, infiammatori, amartomatosi e neoplastici) o sottomucosa (polipi mesenchimali, rari, benigni o maligni, con i caratteri del tessuto mesenchimale da cui derivano: lipomi, liposarcomi, GIST, gangliomi). «Essi possono formarsi in qualsiasi tratto del canale digestivo, ma sono più frequenti nell’esofago, nello stomaco e, soprattutto, nel colon, e possono essere benigni o maligni. «Sono più rari nel duodeno, dove, in ogni caso, sono visibili nel corso della gastroscopia (esofago-gastro-duodeno-scopia) e possono essere, quando possibile, resecati o, comunque, diagnosticati. Nell’intestino tenue, che rappresenta la porzione più sviluppata in lunghezza dell’intestino, circa 7-8 metri, si formano più raramente. In realtà, questa era più una deduzione, che una certezza scientifica, perché i tumori di questo tratto sono meno frequenti. «Da quando sono disponibili tecniche di imaging più sofisticate, come l’Entero-TAC, l’Entero-RM e, soprattutto, la videocapsula endoscopica, si ha maggiore contezza di quanto asserito. «Nel caso vengano individuati, si può, in casi selezionati, resecarli endoscopicamente, con la tecnica della push-enteroscopia. Per eseguire tale indagine, si deve utilizzare l’Enteroscopio, che è un endoscopio molto lungo. Le manovre per arrivare così in profondità sono piuttosto cruente e necessitano di una sedazione profonda. Tale indagine viene svolta solo in Centri di riferimento di terzo livello. «I polipi, in realtà, non sono mai benigni. Essi presentano diversi gradi di malignità (displasia) e si evolvono fino a diventare cancri. La gastroscopia e la colonscopia indagano la presenza di questi polipi, per poterli resecare nel corso dello stesso esame endoscopico, prima che divengano di grosse dimensioni e necessitino di intervento chirurgico. «Il polipo si definisce peduncolato, se ha un peduncolo ed ha un aspetto come di un fungo. Oppure è sessile, se è aderente alla parete del viscere in tutta la sua estensione. Quelli più difficili da diagnosticare e da resecare sono quelli piatti, quelli cioè che protrudono poco nel lume intestinali, e, prima di tagliarli, vanno rialzati con specifiche tecniche di infiltrazione sottomucosa. «I polipi più benigni sono quelli infiammatori, che si creano per uno stato infiammatorio della mucosa, e quelli iperplastici, che si formano per le reazioni rigenerative del tessuto. Anche questi tipi di polipi, tuttavia, se non asportati, possono, a lungo termine, degenerare. Essi vanno inoltre asportati per poterne definire con certezza la natura, con l’esame istologico. «I polipi tumorali sono quelli adenomatosi, a diverso grado di displasia, oppure possono essere già maligni, con displasia grave e/o carcinoma in situ. In ognuno di questi casi, se viene correttamente resecato (con la polipectomia endoscopica), nel corso dell’esame endoscopico, con i margini di resezione liberi dalla malattia, la procedura è da considerarsi una terapia definitiva. I controlli sono necessari perché questi polipi tendono a riformarsi. «Quando si parla di polipi intestinali, ci si riferisce prevalentemente ai polipi del colon, perchè sono i più frequenti e sono quelli che presentano una componente maligna nella più alta percentuale dei casi. «Ma esistono polipi del duodeno, dello stomaco e dell’esofago altrettanto frequenti, che vanno comunque resecati ed analizzati, per determinarne la natura.»     Come si formano i polipi nell’intestino? «La patogenesi è diversa a seconda della natura del polipo: per i polipi infiammatori la patogenesi è flogistica, cioè infiammatoria. Per i polipi iperplastici, si tratta di alterata maturazione. I polipi amartomatosici hanno un’origine malformativa. I polipi adenomatosi sono di natura neoplastica. Il polipo deve essere sempre asportato dall'Operatore e l'esame istologico ne individua la natura (flogistica, di alterata maturazione, malformativa o neoplastica).»   Quali sono le cause principali della formazione dei polipi? «La dieta e lo stile di vita, oltre l’ereditarietà, sono le cause principali della loro formazione. L’alimentazione riveste un ruolo fondamentale nella eziopatogenesi del cancro gastrointestinale. Una dieta ricca di grassi e povera di vegetali è associata al cancro. Si stima che tra il 40 e il 60% dei tumori potrebbe essere evitato con una dieta congrua. «Esiste una serie di fattori di rischio che possono aumentare la possibilità di formare polipi, tra questi ricordiamo come cause dei polipi intestinali: l'obesità, l'abuso di alcol e nicotina, la presenza di una malattia intestinale, l'età e la familiarità con la patologia. «Recenti ricerche hanno evidenziato un dato molto importante: assumere troppa carne rossa e condurre uno stile di vita sedentario espone maggiormente al rischio di sviluppare polipi lungo il tratto intestinale. «La poliposi giovanile e la sindrome di Pentz-Jeghers (sindrome poliposica multipla gastrointestinale) sono malattie genetiche; quest’ultima è una malattia autosomica dominante, con tipici numerosi polipi amartomatosi.»   Quali sono le fasce a rischio e a quali sono sintomi bisogna prestare attenzione? «Chiunque può sviluppare polipi nel colon, ma alcuni soggetti hanno maggiori probabilità di svilupparli rispetto ad altri, cioè sono a maggior rischio: •    pazienti con 45 anni o più, •    pazienti che hanno già avuto polipi in passato, •    soggetti con familiarità alla poliposi colica (cioè parenti con lo stesso disturbo), •    pazienti con familiarità di tumore al colon, •    pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinale (morbo di Crohn o rettocolite ulcerosa).   «Sono invece fattori di rischio: •    la dieta ipercalorica, il fumo, l’alcol, la sedentarietà, il sovrappeso e l’obesità.   «I piccoli polipi del colon sono spesso asintomatici. Solo quelli di più grandi dimensioni e con superficie erosa possono dare una positività nella ricerca del sangue occulto fecale. «Se sono presenti, i sintomi principali possono essere il sanguinamento macroscopico dall’ano. Esso tuttavia non è frequente, a meno che il polipo non sia posizionato molto distalmente, a livello del retto, che è il tratto finale del colon: In tal caso possono vedersi tracce di sangue sulla carta igienica o sulle mutande. «Altro sintomo può essere una variazione dell’alvo, cioè il presentarsi di stitichezza o di diarrea. «Il sangue nelle feci può apparire nero, se è parzialmente digerito, o può avere striature rosso vivo. «Anche il muco nelle feci può essere un sintomo di un polipo del colon. «L’astenia, eventualmente presente, può essere dovuta alla progressiva anemizzazione, causata del costante micro-sanguinamento del polipo.»   Cosa prevede il percorso di screening? Quali sono le novità nella diagnosi? «Prima di parlare di screening, parlerei di prevenzione. Esiste una prevenzione primaria, che è quella alla quale tutti noi dovremmo puntare e che consiste nell’identificare e modificare lo stile di vita e i fattori che, avendo una valenza eziologica e patogenetica, possono portare allo sviluppo di una neoplasia. «C’è poi una prevenzione secondaria, che consiste nella precoce identificazione di lesioni pre-neoplastiche, la cui eliminazione previene la formazione di una neoplasia. «La prevenzione secondaria è evidente e documentabile, dà risultati immediati e tangibili in poco tempo. Faccio la colonscopia, individuo un polipo e lo reseco. L’atto operatorio è stato terapeutico e risolutivo. «La prevenzione primaria è meno eclatante ed appariscente, perché i dati disponibili dalla ricerca non permettono ancora una soddisfacente applicazione pratica. Inoltre essa necessita di grossi investimenti organizzativi, va attuata fin dalla giovane età, l'utilità è visibile solo a distanza di molti anni.» La prevenzione primaria è rappresentata da: 1) indagine su fattori genetici 2) fattori ambientali 3) chemioprevenzione.   1) Fattori genetici. Anche se abbiamo molte conoscenze sulle alterazioni genetiche, che si verificano durante il processo di cancerogenesi, i fattori genetici sicuramente saranno la prevenzione nel futuro, non sono attualmente disponibili test specifici, che siano realmente utili per prevenire la neoplasia del colon-retto. Gli Oncologi sono alla continua ricerca delle vie che controllano la proliferazione e la differenziazione cellulare. L’oncogene K-ras è un componente centrale del sistema di trasduzione del segnale a valle dell’EGFR e ha un ruolo critico nella regolazione della crescita cellulare. È stato dimostrato che lo stato mutazionale del gene K-ras nelle cellule tumorali condiziona la risposta ad alcune terapie immunologiche (anticorpi monoclonali diretti contro il recettore del fattore di crescita epidermico, Epidermal Growth Factor Receptor, EGFR), e che, a beneficiare del trattamento con tali anticorpi monoclonali, sono soltanto i portatori della proteina K-ras non mutata (wild type). La tipizzazione del K-ras è importante per la terapia anti-blastica. L’analisi mutazionale è una procedura complessa, che comporta l’estrazione degli acidi nucleici dal campione istologico e il sequenziamento del gene K-ras.     2) Fattori ambientali. Una buona dieta ed una corretta e costante attività fisica sono essenziali per la prevenzione primaria. L’alimentazione è fondamentale per le energie necessarie per vivere, ma un eccesso può determinare squilibri rappresentati da: - infiammazione; - radicali liberi; - sostanze tossiche; - stress ossidativo; - acidi grassi. Sono proprio questi squilibri che rivestono un ruolo -anche se non ancora ben chiaro- nella eziopatogenesi del cancro dell’apparato digerente e del colon retto in particolare. Infiammazione: recenti ricerche confermano come la nutrizione possa influenzare i fenomeni infiammatori: infatti, diete ricche di grassi, di carboidrati, di alcol e povere di fibre e di omega3 aumentano i processi infiammatori dell’organismo. I processi infiammatori sono direttamente coinvolti nello sviluppo delle neoplasie. I radicali liberi: sono prodotti di scarto che si formano all’interno delle cellule del corpo quando l’ossigeno viene utilizzato nei processi metabolici (ossidazione). Se sono in quantità minima, aiutano il sistema immunitario nell'eliminazione dei germi e nella difesa dai batteri; se sono presenti in quantità eccessiva, possono causare gravi danni ai processi dell’organismo. Sono i veri distruttori delle strutture cellulari e sono responsabili dell’invecchiamento, dell’aterosclerosi, delle malattie degenerative e del cancro. Le sostanze tossiche: possono trovarsi in natura negli alimenti, come le micotossine nei funghi velenosi, le tossine marine, gli ossalati, i fitati o sotto forma di contaminazioni chimiche quali fertilizzanti, pesticidi, additivi, conservanti, piombo, mercurio, cadmio o contaminazioni microbiche sia batteriche che virali. L’aumento nell’organismo delle sostanze dannose determina processi di ossidazione (stress ossidativi) che sono la causa di molte malattie, tra cui le neoplasie. Acidi grassi: sono importanti nella genesi del cancro per la possibilità di veicolare i cancerogeni e favorire la formazione di radicali liberi. La modalità con cui agiscono non è nota, ma sarebbe mediata da un aumentata sintesi di colesterolo e acidi biliari, che causerebbero un danno alle cellule del colon, con la partecipazione dei batteri, che convertono queste sostanze in potenzialmente tossiche. Particolarmente dannosi i grassi saturi e soprattutto i trans. Gli acidi grassi trans (così detti per la posizione di carbonio, idrogeno, ossigeno) si formano dai grassi insaturi, a causa delle alte temperature di cottura, per processi di idrogenazione e raffinazione degli oli vegetali. Si formano anche nello stomaco dei ruminanti, a causa dell'azione di batteri, per cui una piccola quantità di grassi trans è presente nel latte, nei prodotti caseari, nella carne dei ruminanti. La suddivisione fra carne rossa e bianca va rivisitata: per esempio, non si trovano nella carne di cavallo, di cinghiale, di maiale, perché non sono ruminanti. Le temperature ottenute nei processi di raffinazione si ottengono facilmente anche friggendo per qualche decina di minuti un olio vegetale. Ecco perché i fritti, anche a partire da oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi, sono comunque dannosi. Fortunatamente oltre ad infiammazione, stress ossidativi e radicali liberi, nel cibo sono presenti numerosi principi protettivi. Le sostanze antiossidanti neutralizzano l’azione delle sostanze cancerogene. I principali antiossidanti sono i Polifenoli contenuti in: uva e vino; olive e olio extravergine da oliva, tè, cioccolato nero fondente, ravanello, cavolfiore, broccoli, barbabietola rossa, cavolo, pomodori, aglio. La dieta mediterranea è la più idonea associata ad una mortalità ridotta rispetto a qualsiasi altra dieta ed è una delle più varie. Si basa sul consumo di vegetali, pane, pasta, frutta, ortaggi, olio d'oliva e moderati consumi di alimenti di origine animale, come latte, formaggi. Dieta e attività fisica costante sono i cardini della prevenzione primaria dei cancri e del tumore al colon in particolare.   3) Chemioprevenzione è la supplementazione dietetica con sostanze che avrebbero un effetto antiossidante e anticancerogeno, in grado di prevenire la formazione del cancro; è una delle basi della prevenzione primaria. Queste sostanze sarebbero: ASA (Acido Acetil Salicilico, cioè aspirina) e FANS (cioè anti-infiammatori non steroidei); le vitamine A, B2, C, E, beta carotene che è un pigmento vegetale, precursore della vitamina A o retinolo (noto anche con il nome di provitamina A). Una volta introdotto nell'organismo mediante l'alimentazione, il betacarotene viene trasformato in vitamina A nel fegato per azione dell'enzima carotenasi. Azione preventiva per la formazione di polipi e del cancro del colon avrebbero alcuni minerali, quali zinco, selenio, calcio e vitamina D. Una nuova speranza per la cura del cancro dell'intestino arriva dal mirtillo. L'ingrediente chiave, lo ptero-stilbene, è un antiossidante naturale, simile a quello già scoperto nell'uva e nel vino rosso, che si trova anche in altri frutti di bosco, che, con meccanismo d'azione non noto, può assorbire i radicali liberi coinvolti nello sviluppo del tumore. Una dieta a base di pterostilbene rallenta l'evoluzione della malattia, diminuendo l'infiammazione e il tasso di divisione cellulare.»   Novità diagnostiche. I moderni endoscopi sono ad alta risoluzione e provvisti della magnificazione, caratteristiche di grande aiuto per una visione dettagliata dei più piccoli particolari. Nell’ultimo decennio gli endoscopi elettronici (videoendoscopi) hanno migliorato la qualità delle immagini, grazie all’impiego di più sofisticati CCD (Charge-Coupled Device), che, dagli iniziali 100K-300K pixel, contengono attualmente 400k e, in taluni casi, 800k pixel. I videondoscopi di ultima generazione, perciò, offrono un’elevatissima risoluzione e sono chiamati «endoscopi ad alta risoluzione». La caratteristica di questi endoscopi è la presenza di un gruppo di lenti, collocato davanti al CCD, che offre la possibilità di ingrandire l’immagine, per mezzo di un pulsante, posizionato nell’impugnatura dello strumento, fino a 100x (nei gastroscopi) e 140x (nei colonscopi). Questi endoscopi sono quindi sia ad alta risoluzione che ad elevata magnificazione e sono chiamati correntemente anche endoscopi zoom. La cromoendoscopia è una metodica che si avvale di coloranti chimici, per mettere in risalto particolari aspetti della mucosa del colon. Il più utilizzato è il blu di metilene, che deve essere spruzzato sulla mucosa del colon durante la colonscopia.   Parlando di cromoendoscopia, la novità è la Narrow Band Imaging (NBI), una tecnica innovativa, che utilizza filtri ottici, per visualizzare in dettaglio la morfologia della mucosa, senza ricorrere all’applicazione di coloranti chimici. Questa tecnica è basata sul fenomeno ottico, secondo il quale la profondità di penetrazione della luce dipende dalla sua lunghezza d’onda; maggiore è la lunghezza d’onda, più profonda sarà la penetrazione. Considerando lo spettro di luce visibile, la luce blu penetra solo a livello superficiale, mentre la luce rossa penetra fino a livelli più profondi. La caratteristica della NBI è che non sono necessari strumenti o sostanze addizionali; basta semplicemente premere un pulsante sull’endoscopio. Tutti gli endoscopi NBI sono ad alta risoluzione. Il miglioramento nella visualizzazione dei pattern mucosi avviene grazie all’elevata intensità della luce blu, la quale rivela dettagliatamente le strutture superficiali, grazie alla sua bassa profondità di penetrazione nel tessuto. L’assorbimento della luce blu, da parte dell’emoglobina, permette una dettagliata ispezione anche della microvascolarizzazione superficiale della mucosa. La tecnologia NBI è stata approvata e dichiarata in regola, è disponibile in commercio e rappresenta una delle tecniche avanzate di acquisizione d’immagini endoscopiche più studiate, relativamente alla rilevazione di displasia o carcinoma superficiale.   Molti studi dimostrano l’importanza dell’endoscopia ad alta risoluzione, in combinazione con la tecnologia NBI, nella sorveglianza endoscopica in Pazienti in follow-up per la poliposi intestinale e con esofago di Barrett. Inoltre, la NBI rappresenta il metodo di «cromoendoscopia virtuale» più rigorosamente studiato ed i Ricercatori ne consigliano l’utilizzo, per migliorare l’accuratezza e l’efficacia della rilevazione della displasia. La tecnica NBI presenta una serie di vantaggi rispetto alla cromoendoscopia chimica: 1. non sono necessari agenti di colorazione; 2. è di facile utilizzo, poiché funziona con filtri ottici incorporati nella sorgente luminosa che vengono abilitati per mezzo di un semplice.   In conclusione, il «take home message» è che la prevenzione del tumore del colon-retto è consigliata e si avvale della colonscopia, che è il gold standard diagnostico. La magnificazione, la cromoendoscopia elettronica e, ora, anche l’intelligenza artificiale sono parte integrante e integrata delle caratteristiche tecniche degli endoscopi di ultima generazione. Utilizzando tali strumenti è possibile seguire le classificazioni di Parigi e di Kudo, le quali, esaminando il pitt pattern della superficie della lesione poliposa, riescono a determinarne il grado di malignità e di infiltrazione. Questo ausilio è fondamentale per l’operatore, che deve decidere se resecare il polipo e quale tecnica utilizzare. Solo in casi particolari e super-selezionati può essere opportuno applicare la cromoendoscopia con coloranti chimici, i più utilizzati dei quali sono l’acido acetico e il blu di metilene. Altre metodiche, che qui non cito, come l’autoflorescence imaging e l’endomicroscopia confocale, sono state utilizzate solo a scopo di ricerca e, al momento, nessuna di essa è sembrata portare vantaggi pratici. La così detta Colonscopia Virtuale è in realtà una TC-Colografia, che ricostruisce al computer le immagini che rileva, insufflando aria nella cavità viscerale, dopo che il Paziente ha pulito il suo colon con la preparazione intestinale. Non è una visione diretta dell’interno del colon, può vedere immagini sospette, che si rilevano poi false immagini, non rileva polipi di piccole dimensioni, non si possono effettuare né biopsie né polipectomie. È molto utile per la diagnostica della malattia diverticolare, ma non in fase acuta, perché l’insufflazione di aria può determinare una perforazione colica. Nella diverticolite acuta va eseguita una TC con mezzo di contrasto.   Il polipo è dunque un percussore del tumore al colon? «Il tumore del colon è uno dei pochi che non nasce subito come tumore ma che si sviluppa attraverso un precursore, un polipo adenomatoso: una piccola lesione che crescendo nell'intestino, nell'arco degli anni, diventa un tumore maligno. «Il tempo di crescita di queste neoformazioni della mucosa è di circa 4-5 anni, che è anche considerato il tempo in cui i polipi cosiddetti adenomatosi possono trasformarsi in un vero e proprio tumore del colon o del retto. «Però, come sempre in Medicina, questa tempistica è indicativa ed estrapolata da dati statistico epidemiologici. Esistono tumori che sorgono e si sviluppano con molta maggiore rapidità. Per non parlare del così detto cancro de novo, cioè quel cancro del colon che non sembra rispettare tutti i passaggi di crescita che, invece, la maggior parte di essi sembra seguire. Inoltre, secondo l’American Cancer Society, in alcuni Paesi le diagnosi di tumore del colon-retto sono in aumento tra i giovani e, a quanto pare, non è solo una conseguenza dell’aumento del numero di persone che si sottopongono allo screening. «Secondo uno studio statunitense, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Medical Screening, i numeri degli screening non sempre sono perfettamente in linea con quelli di incidenza del tumore del colon-retto, ovvero con il numero di nuovi casi diagnosticati ogni anno. In particolare, gli autori della ricerca hanno osservato un aumento delle diagnosi di questo tumore nei pazienti più giovani (40-54 anni) che non può essere giustificato solo con un aumento del numero di pazienti che negli Stati Uniti effettuano una colonscopia nell’ambito di uno screening. «Da notare che proprio l’incremento dei casi tra i giovani, registrato in diversi studi, aveva già indotto la American Cancer Society a raccomandare di iniziare lo screening all'età di 45 anni e non a 50. Nel periodo compreso tra il 2000 e il 2015 abbiamo notato un aumento del numero di colonscopie effettuate solo nella fascia di età 45-54 anni, mentre l’incidenza di cancro colorettale è cresciuta in tutte e tre le fasce che abbiamo preso in considerazione: 40-44 anni, 45-49 anni e 50-54 anni spiegano i ricercatori, che sottolineano l’importanza di nuove ricerche per capire meglio le ragioni alla base degli aumenti nei casi di tumore tra i giovani americani.»   Come si manifestano i polipi al colon? «La maggior parte delle persone con polipi al colon non manifesta alcun sintomo, tanto che spesso non si è consapevoli della loro presenza (solitaria, o di polipi multipli) fin quando il Medico non ritiene utile prescrivere a un check-up periodico o altra analisi correlata. «Quando presenti, i sintomi principali possono essere uno o più fra questi: - sanguinamento dall’ano. L’ano è l’apertura alla fine del tubo digerente attraverso il quale il corpo rilascia le feci. Si potrebbero notare tracce di sangue nella biancheria intima o sulla carta igienica dopo aver defecato; - stitichezza o diarrea che dura più di una settimana; - sangue nelle feci. Il sangue nelle feci può apparire nero o può avere striature rosso vivo; - muco nelle feci, cioè quel materiale vischioso e filante, come quello che si espelle dal naso, in corso di malattia da raffreddamento; - stanchezza, dovuta alla progressiva anemia, causata del costante micro-sanguinamento del polipo.»   Si possono curare o devono essere asportati? «I polipi devono essere sempre asportati, in corso di colonscopia, e sottoposti ad analisi istopatologica. Poiché non c’è modo di prevedere l’eventuale evoluzione maligna, è mandatoria l’asportazione di tutti i polipi presenti. «Non è possibile intervenire attraverso farmaci, pertanto l’approccio terapeutico di elezione consiste nella loro escissione durante la colonscopia; il colonscopio, lo strumento introdotto nell’ano, che permette di eseguire l’esame, è infatti dotato di strumenti utili allo scopo (ansa o pinza metallica, attraversi cui si procede alla cauterizzazione/taglio dell’escrescenza). «In casi eccezionali, i polipi potrebbero dover essere trattati rimuovendo chirurgicamente parte dell’intestino, per esempio in presenza di formazioni particolarmente grandi o per tratti di intestino con numerosissimi polipi (in realtà si tratta di un’evenienza sempre più rara, grazie alle nuove tecnologie disponibili) e alla diffusione della prevenzione secondaria. «A seguito dell’escissione i polipi vengono inviati in laboratori specializzati per essere analizzati e comprenderne così la natura; nuovi polipi si sviluppano in circa il 50% dei casi, per cui è necessario procedere a periodiche verifiche, ad intervalli che vanno dai sei mesi ai 3-5 anni, a seconda dei casi.»     Come avviene l’asportazione dei polipi? «La polipectomia è la tecnica che permette di resecare i polipi in corso di un esame endoscopico. Essa consente di tagliare il polipo, durante la seduta endoscopica, utilizzando un'ansa appropriata: ansa per polipectomia. «La polipectomia si effettua con la pinza bioptica a freddo, se le dimensioni del polipo sono uguali o inferiori a 6 mm, che corrisponde all’apertura delle valve della pinza bioptica, oppure con ansa a freddo, se le dimensioni del polipo sono pari o superiori a 6 mm. Le procedure a freddo sono relativamente prive di rischi e sono perciò preferite. «La pinza a caldo (hot biopsy forcep) è una pinza che trasmette la corrente, tramite elettrobisturi, bruciando il tessuto e fornendo contestualmente un’emostasi. Questa procedura oggi è poco utilizzata, perché la bruciatura dei tessuti rende difficile l’esame istologico. Oggi si utilizza più frequentemente, sempre per polipi piccoli (minute polyps), l’ansa a freddo, cioè un cappio, formato da un filo metallico, dove, in questo caso, non viene fatta passare la corrente elettrica. Il cappio cattura il polipo, portandolo via di netto, ottenendosi, per lo più, una buona emostasi. «Per polipi più grandi, la pinza o l’ansa a freddo non sono indicati. In questi casi, la polipectomia si effettua con l’ansa diatermica, sostanzialmente uguale al cappio descritto per l’ansa a freddo, ma sulla quale si trasmette la corrente dell’elettrobisturi. Il taglio del polipo avviene all’interno del lume intestinale ed è un intervento chirurgico a tutti gli effetti. Se il polipo è peduncolato, cioè dotato di un gambo, il cappio dell’ansa si porta attorno al peduncolo e poi si trasmette la corrente per tagliare. «Mentre per i polipi peduncolati si può procedere direttamente alla resezione, per i polipi sessili o piatti è necessario infiltrare la sottomucosa, con una soluzione idrosalina e Adrenalina, formando un ponfo, che solleva la lesione dai piani circostanti e poi procedere all’intervento. «Personalmente, provvedo routinariamente ad infiltrare i polipi, prima della polipectomia, anche quelli peduncolati, per rendere più radicale l’intervento ed evitare complicazioni come il sanguinamento e la perforazione colica. Spesso l’infiltrazione tende a ridurre le dimensioni del polipo, in qualche modo sgonfiandolo e rendendo più facile la sua escissione. «Questa è la mucosectomia endoscopica. Nel caso di polipi piatti, può essere d’ausilio un cappuccio trasparente, posto sul puntale dell’endoscopio, per catturare una maggiore quantità di mucosa, prima di sezionarla. Si trasmette all’ansa corrente di taglio, di coagulo o mista, in modo tale che si taglia il tessuto e, contemporaneamente, si coagulano i vasi sanguigni, evitando emorragie. La corrente così detta intelligente, dei più performanti elettrobisturi, alterna automaticamente corrente di taglio e di coagulo. «La dissezione endoscopica sottomucosa (Endoscopic Submucosal Dissection, ESD) è una procedura di chirurgia endoscopica, che permette il trattamento di lesioni polipose tumorali, principalmente piatte e sessili, che infiltrano fino al terzo superiore lo strato sottomucoso (SM1). «Questa metodica deve essere eseguita in Centri particolarmente ben attrezzati, in genere in Strutture Specialistiche di Terzo Livello ed è utilizzata per l’asportazione, in un tempo unico (in blocco), tagliando fino alla tonaca muscolare, lesioni di dimensioni superiori a 20 mm. «Negli ultimi anni, le tecniche di endoscopia ad alta definizione, con magnificazione, colorazione elettronica (NBI) e zoom d’immagine, permettono una più facile diagnosi precoce dei tumori dell’apparato digerente, ma, soprattutto, le classificazioni di Parigi 2002 e del Pitt Pattern consentono di valutare le lesioni in base alla loro infiltrazione presunta nei piani sottostanti e, di conseguenza, del rischio di propagazione a distanza (linfonodi presi e metastasi). «Ciò anche senza aspettare l’esame istologico. In relazione a ciò, sono state sviluppate, dapprima solo in Giappone, tecniche endoscopiche complesse, che consistono in veri e propri interventi di chirurgia endoscopica, per asportare questi tumori dall’interno. «La ESD, ripeto, si usa per lesioni di grandi dimensioni e piatte o infiltranti, il cui aspetto endoscopico permette di classificarle ad infiltrazione sottomucosa SM1. In tali casi, la polipectomia tradizionale e la mucosectomia non sarebbero efficaci, perché non arrivano fino alla tonaca muscolare e non rendono radicale l’intervento.»   La dissezione endoscopica sottomucosa rimuove le lesioni in tre fasi: 1) infiltrazione di un polimero a basso grado di riassorbimento nella parete intestinale. Questo aumenta lo spessore della parete, permettendo una maggiore radicalità e riducendo il rischio di perforazione. 2) incisione della mucosa intorno alla lesione. 3) Taglio profondo del tessuto sottomucoso, sottostante la lesione. «Questa metodica permette di controllare esattamente il profilo della sezione e di asportare, in un unico frammento, polipi superiori ai venti millimetri. L’esame microscopico potrà stabilire se la lesione è asportata completamente. Con le tecniche endoscopiche tradizionali di polipectomia e mucosectomia, l’asportazione in più pezzi di lesioni voluminose non permette sempre di stabilire con certezza se questa è stata curativa.»   Da un’analisi pubblicata sull'«American Journal of Medicine» è emerso che l’aspirina potrebbe contribuire a prevenire il rischio di formazione dei tumori al colon–retto, cosa ne pensa? «A questa domando ho risposto, parlando di chemioprevenzione. Essa consiste nella supplementazione dietetica con sostanze che avrebbero un effetto antiossidante e anticancerogeno, in grado di prevenire la formazione del cancro; è una delle basi della prevenzione primaria. Queste sostanze sarebbero: ASA (Acido Acetil Salicilico, cioè aspirina) e FANS (cioè anti-infiammatori non steroidei), in particolare il Sulindac, alla dose di 200 mg al giorno, da assumere a stomaco pieno; le vitamine A, B2, C, E, beta carotene che è un pigmento vegetale, precursore della vitamina A o retinolo (noto anche con il nome di provitamina A).»   Esiste un modo sicuro per prevenire completamente la formazione di polipi? «Di sicuro, in Medicina, c’è poco. A questa domanda posso rispondere che sono raccomandabili tutti quei comportamenti consigliati nella prevenzione primaria.»   Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it Prof. Antonio Iannetti - antonio@iannetti.it www.iannetti.it - www.gastroenterologoiannetti.com https://www.youtube.com/watch?v=uo6S1htaOzI&t=7s